sabato 26 aprile 2008

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13:34 Bossi: "Niente scherzi o votiamo uno di sinistra"

"Se Berlusconi ci tira un brutto scherzo noi votiamo come presidente di Camera o Senato uno della sinistra". Umberto Bossi in un'intervista alla Prealpina avverte così Berlusconi.S

12:23
[...] dati delle firme raccolte per i referendum: "Quattrocentocinquantamila in un solo giorno, nella storia repubblicana non è mai successo".

L'INCONTRO
Come mai è stata scelta la sede di via Bellerio per l'incontro? «Siccome Bossi è venuto da me tantissime volte, ho ritenuto che, già che ero in movimento, di andare io da lui». Berlusconi infatti doveva andare proprio con Bossi a visitare un impianto di riciclaggio a Montello, in provincia di Bergamo, visita che poi è stata rinviata. «È stato deciso di posporre questo impegno - ha spiegato - che era uno dei tanti propedeutici ad entrare nel vivo sulla soluzione dei problemi di Napoli e della Campania».
2008-04-26
20:22 ROMA - Azzeramento dei vicepremier, con Gianni Letta che tornerebbe al suo posto di sottosegretario alla presidenza del Consiglio e Roberto Calderoli che assumerebbe la responsabilità dell'Attuazione del programma di governo e una parte delle deleghe sulle Riforme, mentre il dicastero con il compito di realizzare il federalismo resterebbe a Umberto Bossi. Sarebbe questo, secondo quanto si apprende da fonti del Pdl e della Lega, il compromesso trovato oggi nell'incontro fra Silvio Berlusconi e i vertici della Lega dopo due ore di faccia a faccia nella sede della Lega di via Bellerio a Milano. Al Carroccio sarebbero confermate inoltre le poltrone dell'Interno per Roberto Maroni e dell'Agricoltura per l'assessore veneto Luca Zaia.
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Confermati Gianfranco Fini e Renato Schifani alla presidenza della Camera e del Senato e Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri capigruppo del Pdl a Montecitorio e a palazzo Madama. La partita-Formigoni, infine, sarebbe definitivamente chiusa con la permanenza del governatore lombardo al Pirellone in cambio di un posto di vertice nel Pdl (qualcuno parla di vicepresidenza). Al posto di Bondi al coordinamento di Fi andrebbe invece Denis Verdini





mercoledì 23 aprile 2008

"I Demoni di San Pietroburgo"

"Roma - I russi l’hanno imbottito di vodka, per anni, sperando che si levasse Dostoevskij dalla testa, una sbronza via l’altra. Ma lui, con tenacia pari all’ostilità sovietica, non faceva altro che pensare a quel povero cristo di scrittore sommerso dai debiti di gioco, dalla miseria, dai ricordi brucianti d’una deportazione in Siberia, dalla ricerca incessante d’un Dio. E l’ha avuta vinta, in finale, Giuliano Montaldo (il regista di Sacco e Vanzetti e L’Agnese va a morire, film d’una certa caratura), se giovedì esce nelle sale I demoni di San Pietroburgo, drammatico cineracconto, ispirato alla vita di Fëdor Michailovic Dostoevskij (1821-1881), il noto romanziere russo che scrisse Umiliati e offesi, Delitto e castigo, Memorie del sottosuolo, per citare solamente i suoi capolavori più diffusi, dov’è centrale il tema della bontà attiva. «La data di questo film? Il 2008!», attacca subito Montaldo, come prevenendo le critiche a un certo suo gusto antimoderno, che circola, qui, a partire dalla teatrale lentezza narrativa, dal fragore operistico delle musiche composte da Ennio Morricone, dalla recitazione febbrile dei personaggi ottocenteschi. Fatto sta che le tematiche care all’autore de I fratelli Karamazov rispondono, comunque, alla crisi spirituale del mondo a noi contemporaneo. «Di editori che fuggono per non pagare e di scrittori che scrivono in mezzo agli stenti, spesso rischiando la vita, ne esistono in molte parti del mondo: ovunque c’è sofferenza intellettuale», nota il regista, che ha voluto nel cast il russo Miki Manojlovic (è l’intenso protagonista, un Dostoevskij oppresso dall’epilessia e dai metodi della Terza Sezione della Polizia criminale zarista) e Roberto Herlitzka (l’ottimo attore di teatro fa Pavlovic, il boss degli sbirri agli ordini dello Zar), Carolina Crescentini (nella parte romantica d’una scrivana devota al romanziere), Anita Caprioli (come Alexandra, vibrante rivoluzionaria di sangue blu), Sandra Ceccarelli (la zia di Alexandra) e Filippo Timi (nel ruolo dell’anarchico Gusiev). «Sono abituato alle avventure, per cui gli ostacoli frapposti, negli anni Ottanta, dai sovietici poco amanti del loro grande autore, non mi hanno smontato. Quando andai a proporre Sacco e Vanzetti ai produttori italiani, ci fu chi mi chiese: “E chi sò? ‘Na ditta di import-export?”», racconta Montaldo, che nonostante una filmografia in odor di funerale (da Tempo di uccidere a Giordano Bruno, spesso i suoi film parlano di morte), sfoggia il proprio umorismo.




LA TRAMA IN BREVE _ San Pietroburgo, 1860. Un attentato provoca la morte di un membro della famiglia imperiale. Pochi giorni dopo lo scrittore Fedor Mikhajlovic Dostoevskij incontra Gusiev, un giovane che, abbandonato il progetto terroristico, si finge pazzo per distogliere i sospetti. Confessato il proprio passato a Dostoevskij, Gusiev lo informa del prossimo attentato organizzato dal commando, pregandolo di sventarlo. Nel frattempo quelle dello scrittore sono ore
terribili: pressato da creditori, deve consegnare il nuovo romanzo all'editore entro 5 giorni. Con l'aiuto di una giovane stenografa, a cui detta le pagine de "Il giocatore", corre contro il tempo, mentre di notte, braccato da un ispettore di polizia, si mette sulle tracce del gruppo terroristico.

martedì 22 aprile 2008

If the Boot Fits

By GIANNI RIOTTA
FROM TODAY'S WALL STREET JOURNAL EUROPE
April 22, 2008

Rome

The Cold War ended in Italy last week – nearly two decades after the tumbling of the Berlin Wall. Our new parliament, elected after two days of voting April 13-14, will not have any members elected under the hammer and sickle. The heirs of the neo-fascist movement have also been expunged from the MPs' rostrum. The vote produced for the first time an Italian government and a main opposition party that at least on paper are both committed to reform. Getting the job done in these postideological times still won't be easy.

[If the Boot Fits]
Martin Kozlowski

The new Prime Minister Silvio Berlusconi will rule the country for the third time since 1994. At age 71, this is his last chance to implement the economic changes that Italy badly needs. Mr. Berlusconi promised them in his winning bids in 1994 and 2001, but failed to deliver. He blames his overcautious former allies, the Christian Democrats, and assures us that this time will be different. Allied with the National Alliance of Gianfranco Fini and Umberto Bossi's Northern League, he has to decide whether Italy will regain a loftier status in the European Union or decline in melancholy.

Decline is not inevitable. The North is rich and vibrant, enjoys full employment, and manages to integrate immigrants at a brisk pace. Fiat was turned around by the combined performance of Sergio Marchionne's post-Taylorist management and Luca Montezemolo steering shrewdly through the country's Byzantine business rules. Italy's leading banks Unicredit, Intesa San Paolo and Capitalia rank prominently in Europe. Exports have so far survived the "super euro."

Start-ups dot the suburbs in what Giuseppe Berta calls "The Padania megalopolis," stretching from Turin's Alps to Venice's lagoon. Italy's entrepreneurial class, which traditionally supported the Communist Party and the radical trade unions, today votes for Mr. Berlusconi's freshly minted party, Popolo della Libertà, and shares his individualistic style and happy-go-lucky philosophy. The Northern League's boom – its votes doubled in Milan, Turin and Venice from the 2006 election – is also rooted in this new class, often invisible to the old media pundits.

The good news ends here.

The South remains backward and unemployment is high. The grip of organized crime is vicious. In his brilliant book "Gomorrah," Roberto Saviano showed how the Camorra, Naples's Mafia, adapted to globalization faster than any Italian company, dealing directly with China and taking advantage of the free market.

Sicily's new governor, Raffaele Lombardo, who allied himself with Mr. Berlusconi, promises to open the island to foreign investments. "Sicily will be the next Ireland," he boasts, hoping to breed a Mediterranean tiger. A nice idea – but, according to studies by the Bank of Italy, organized crime still scares the heck out of international investors, who fear starting a business there will place them next to a paunchy Godfather at the first board meeting.

Silvio Berlusconi knows all the bad news – that the IMF projects Italy's growth this year at a puny 0.3%, that we have fallen from No. 1 in the world in tourism in 1970 to No. 6 now. We were proud to overtake the British economy in the '80s, when Italy joined what is now the G-8; now we are shamed by a Spain that's doing better than us. Since 1986 no Italian has won a Nobel Prize in science. Italy's schools and universities are like our highways: Slow, crowded, inefficient and outdated. Italy's prominent movie director, Nanni Moretti, shoots elegant, narcissistic, decadent films, depicting a country scared to death about the future.

Mr. Berlusconi's opponent, former Rome Mayor Walter Veltroni, lost the election but came away with a brand-new party, the Democratic Party. Having dispatched the Communists, his strategic dilemma is how to raise a new generation of leaders during the five years that Mr. Berlusconi will likely spend in Palazzo Chigi.

Mr. Veltroni has to root his party in the North and prepare it for the globalized knowledge-economy that workers are so nervous about. Pro-American and a savvy pop-culture fan, Mr. Veltroni adapts well to new environments. But he needs patience – and the spine to keep the old guard at bay. For Mr. Berlusconi, the strategic dilemma is how to face up to Italian reality. Romano Prodi, the departing prime minister, put Italy's fiscal house in some order. But his sound liberalization plans were sabotaged by the radical left. A decent and competent leader, Mr. Prodi was poorly served by a squabbling, petulant cabinet.

Reality ended Mr. Prodi's dream and threatens Mr. Berlusconi's. The new premier warns of "hard times." His minister of finance, Giulio Tremonti, published last month a best-selling book titled "Fear and Hope," echoing the slightly antiglobalization themes of Barack Obama and Hillary Clinton. It worked well with the small-business voters in the North. There is a difference, however, between calling for curbs on Chinese and Indian imports in a political campaign and being a policy maker in the real world.

Don't expect a different Silvio Berlusconi in style. The Caraceni suit, the foreign leaders invited to his villas, the stand-up comedian jokes, the bandanna and foulard – all will stay. But to secure himself a decent chapter in Italian history, Mr. Berlusconi now has to deliver what he has promised since 1994: Quick reforms.

Italy's left – like Italian football in the '60s – can be hesitant on offense but remains world-class on defense. It will be impossible to jump-start the reform program if sharing the spoils of power comes first. While handing out plum public sector jobs to allies might be tempting for Mr. Berlusconi, it would antagonize the center-left and tempt it to filibuster his legislative program and encourage unions to occupy the squares. His success depends on creating a positive political climate.

The long campaign for reforms has raged for 14 years. Italians are exhausted. The world adapts at high speed while we bitterly blame each other. Italy can still pull it off, moving out of the Cold War and into the 21st century. For everybody – Messrs. Berlusconi and Veltroni and the old country – it may very likely be the last chance.

Mr. Riotta is editor of the RAI TV news program Tg1.

lunedì 7 aprile 2008

finita la pantomima democristiana

"Al fine di evitare il disturbo alla vita democratica del Paese sono costretto a ritirare la lista Democrazia cristiana dalla prossima competizione elettorale". Lo annuncia Giuseppe Pizza, segretario della Dc, aggiungendo che non contesterà la validità delle elezioni.

7 aprile, 12:29 Ansa
Pizza (Dc): ritiro lista, non contestero' voto (ANSA)

Il segretario della Democrazia Cristiana, Giuseppe Pizza, ha annunciato in una conferenza stampa che ritirerà la propria lista "dalla prossima competizione elettorale, riservando ogni tutela dei relativi diritti nelle sedi competenti, salvo quella di contestare la validità delle elezioni". Pizza ha informato della sua decisione anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il premier, Romano Prodi, e il ministro dell'Interno, Giuliano Amato.

7 aprile, 13:50 RaiNews24
Pizza si ritira: la Dc non partecipa alle elezioni

"Al fine di evitare il disturbo alla vita democratica del Paese sono costretto, per il bene del Paese, a ritirare la lista Democrazia cristiana dalla prossima competizione elettorale". Lo ha annunciato il segretario del partito della Dc,
Giuseppe Pizza, in una lettera indirizzata al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi e al ministro dell'Interno Giuliano Amato.
Pizza ha confermato, inoltre, di essere "l'unico titolare dello scudo crociato con al centro la scritta 'Libertas', simbolo della Dc". Per questo "mi riservo di tutelare ogni diritto, anche di immagine, spettante al partito da me rappresentato, direttamente o indirettamente scalfito dalla esclusione di tale simbolo dalla competizione elettorale del 13-14 aprile senza però mai contestare la regolarità e la validità dei futuri risultati elettorali".


domenica 6 aprile 2008

Italy’s political tragicomedy

su consiglio di Christian Rocca, che segnala l'opinione oltre oceano sulla novità del movimento di Giuliano Ferrara, estrapolo dall'inserto domenicale del new york times alcune considerazioni sul nostro paese:

[...]

Mr. Veltroni, a mild-mannered former Communist, has adopted Barack Obama’s “Yes We Can” slogan for his campaign. But he probably can’t. He lacks the Obama charisma and momentum, and the support to push through needed economic reforms.

Not that Mr. Berlusconi is keen on reform. He’s been busy organizing investors — including his own children — to buy a major stake in Alitalia, Italy’s bankrupt flagship carrier, which until last week was on the block to Air France-KLM. The idea of a potential future prime minister buying the national airline, then appointing the transportation minister and finance minister, is “absurd,” Mr. Ferrara said. If Mr. Berlusconi wins, he said, Palazzo Chigi, the prime minister’s residence, “will be more like Casa Rosada” — the seat of the Perons in Argentina — “than the White House.”

Non-Italians are often baffled that Mr. Berlusconi remains in office even after having been found guilty, and then acquitted, in multiple corruption trials. But cynicism runs through the culture here like veins in marble; it is widely assumed that elected officials are on the take and the justice system subject to political manipulation.

Italians are also less inclined to moralize. (If an Italian politician had been caught with a prostitute, a leading magazine wrote recently apropos of Eliot Spitzer, there would have been bipartisan calls for a new law against wiretapping, rather than insistence he step down.) But most of all, the fragmented Italian left hasn’t produced a coalition strong enough to displace Mr. Berlusconi, the most vivid manifestation of a corrupt political culture in which everyone is implicated.

In light of this, Mr. Ferrara’s campaign seems a cry for life in a country steeped in death and decline. Still, the campaign can be surreal. When a health inspection found that an illegal, late-term abortion had been performed on a fetus with Klinefelter’s Syndrome, whose symptoms include small testicles and large breasts, Mr. Ferrara said that was no grounds to abort. He said he, too, might have the syndrome — and anyone who doubted him could take a look. But Mr. Ferrara is an unlikely pro-life crusader; he has acknowledged that in his early 20s, three of his partners had abortions.

Indeed, no one seems to understand exactly what Mr. Ferrara is up to. He began his strange crusade just when “8 ½” had given him national intellectual credibility, even from the left. The campaign baffles even close friends, like the columnist and former leftist radical Adriano Sofri, who wrote a book, “Against Giuliano,” taking him to task.

One obvious question is whether Mr. Ferrara is inching his way toward the Church as if it were the last best hope for a politics of ideas. He denies this. “I’m not asking for their support, not in any way,” he said. “Of course it’s also true that I don’t have it.” Indeed, three leading Catholic publications have criticized Mr. Ferrara’s campaign, saying matters of faith should remain private. But on a recent visit to a church in Mr. Ferrara’s neighborhood in Rome, Pope Benedict XVI shook his hand. Mr. Ferrara said in the interview that he had a “relationship” with the Church, but no political ties.

Many Italians have noted a rise in religious conservatism since the election of Pope Benedict XVI in 2005. That year, the Berlusconi government passed a law to restrict artificial insemination, and Catholic newspapers successfully urged Italians to reject a referendum to re-liberalize it. The English writer and Italy expert Tim Parks, in The New Statesman in 2006, observed that the “crucial change” in Italian life since 2001 has been “the collapse of every grand political idea,” while politicians of all stripes “have been eagerly declaring their Christian credentials.”


For his part, Mr. Ferrara says he remains an atheist. “I’m not a converted Catholic,” he said. “I’m still a nonbeliever, even though my idea of reason is the idea of a reason which is open to mystery.” Whatever his motivations, his new crusade says as much about the power vacuum in Italy as the power. After all, as the critic Nicola Chiaromonte observed in the late 1940s, “In Italy, the Church offers not heaven so much as protection from the sheer impact of history.”

Published: April 6, 2008

500 euro valgono 0,30 centesimi

clicca sulla banconota


avviene una scissione molecolare. a qualsiasi livello. la banca centrale europea è formata da una coalizione di banche centrali nazionali. la banca d'italia possiede una fetta del 12,52% (721.792.464,09 euro di capitale versato), ma a sua volta è così composta:
Partecipante Quote Voti
Intesa Sanpaolo S.p.A. 30,3% 50
UniCredito Italiano S.p.A. 15,7% 50
Banco di Sicilia S.p.A. 6,3% 42
Assicurazioni Generali S.p.A. 6,3% 42
Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A. 6,2% 41
INPS 5,0% 34
Banca Carige S.p.A. 4,0% 27
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. 2,8% 21
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. 2,5% 19
Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.A. 2,1% 16
Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A. 2,0% 16

bello no? la nostra "banca delle banche" è privata. non è necessario soffermarsi troppo su quale sia la grossa differenza tra un ente pubblico ed uno privato. di certo l'ente privato non ha come obiettivo ultimo e come principio etico il bene del cittadino. trattandosi di banche è ancora più marcata la finalità malvagia del proprio operato: indebitare ed acquisire. le altre fette della bce sono invece possedute da enti "sani" e globalmente onesti, il cui fine è il benessere dello stato. un altro mondo.. intesa san paolo è una s.p.a.!! basta, non le importa niente di te. zero. profitto, solo profitto. è il prodotto di una lunga serie di scissioni molecolari, il principio stesso della preservazione e della riproduzione della vita nel mondo animale. da una cellula se ne generano due. le banche, attraverso scissioni e fusioni si evolvono. le più virtuose divengono banche d'investimento, modificano il proprio dna ed investono in attività di natura differente da quelle del sistema creditizio: prima assicurazioni e provvidenza, poi testate giornalistiche, poi società energetiche (vedi EDISON). alle volte da competitori, altre volte da acquirenti. poi investono su altre banche e la scissione molecolare riprende da capo. il miracolo della vita. una volta finio lo spazio privato, l'obiettivo è il pubblico: enti nazionali, società pensionistiche, trasporti, ed in fine lo stato stesso, che ha preso denaro in prestito. prima l'indebitamento e poi l'acquisizione.
per quanto sia banale rendersene conto, è allo stesso tempo banale capirne la validità. e perchè non dovrebbe accadere? non ci sono limiti al desiderio di fare profitto. e se il sitema lo permette è da fessi non farlo. si tratta di individui amorali e senza nessuna etica. è il male, il lato oscuro, l'inferno in terra, il cancro beato che infetta ed infesta ogni ambito sociale. sono maschere da giullare, vestiti colorati, promesse e strette di mano. mani unte, manager viscidi. è la differenza sottile tra lecito e giusto

venerdì 4 aprile 2008


Nicosia, capitale dell'isola di Cipro, simbolo della separazione etnica delle comunità greco-ortodosse e turco-musulmane. dopo 44 anni Ledra Street, una grossa arteria del centro, è stata riaperta al transito tra le due partizioni della città. iniziativa portata avanti e fortemente voluta da onu ed ue e che ha visto partecipare una considerevole quantità di ciprioti che si sono mossi verso il rispettivo confine. ma per motivi di sicurezza le due componenti non sono entrate in contatto tra loro. dopo qualche ora il confine è stato nuovamente richiuso in seguito ad una presunta violazione di un accordo da parte della polizia turco-cipriota. l'avvenimento ha comunque un'importanza storica rivelante. dal 1964, la gorizia mediterranea vive sotto un regime di separazione forzata tra due diverse autorità. la decisione di dividere in due la città fu presa in seguito agli scontri interetnici. dieci anni dopo, l'intera isola fu "splittata" tra le due diverse comunità conseguentemente al colpo di forza militare di istambul che inviò l'esercito in risposta al tentativo di colpo di stato greco nell'isola.
la speciale rappresentante delle nazioni unite a cipro, elizabeth spehar, è consapevole che l'apertura della strada non rappresenta certamente la soluzione della questione cipriota, "but it does give us a glimpse when all the elements come together." altro elemento di eneorme importanza riguarda lo spostamento delle pattuglie di confine turche oltre l'orizzonte di nicosia nord. a livello di immagine e sul piano emozionale, la distanza delle mitragliatrici dallo spazio urbano è il valore aggiunto all'apertura della strada, una distensione delle priorità di sicurezza e della necessità di controllare con la forza il mantenimento della status quo. in ultima analisi è il monito principale a dimostrazione che la cittadinanza cipriota ha sorpassato, rispetto alle rispettive autorità politiche, il senso di rivincita e di rancore e che sia ormai matura l'epoca di una riconciliazione senza ricorso alle mediazioni onu ma attraverso lo spontaneo e reciproco riconoscimento di appartenere alla stessa identica società che sino alle deformazioni della guerra fredda, dei nazionalismi, dei colonelli e delle necessità atlantiche, si nutriva dell'essenza di entrambe le componenti etniche, metabolizzando in positivo e non esternalizzando in negativo le differenze.

giovedì 3 aprile 2008

non giocare con il fuoco



"PRISTINA (1 aprile) - La Serbia riconosce il Kosovo. E' il titolo che campeggia su alcuni quotidiani del Kosovo. La notizia, ovviamente, è un pesce d'aprile. Così scrive Kosova Sot, salvo avvertire con un occhiello a caratteri di stampa minimi che di «pesce d'aprile» si tratta. Stessa avvertenza sul Koha Ditore, la più diffusa testata di Pristina in lingua albanese, sbandierando un fantomatico «accordo segreto» sul riconoscimento fra il premier kosovaro, Hashim Thaci, e la diplomazia serba. Nella realtà la situazione è ben diversa e segnata da tensioni, come ammette un ultimo rapporto presentato al Palazzo di Vetro, a un mese e mezzo dal 17 febbraio giorno della proclamazione unilaterale d'indipendenza da Belgrado della provincia a maggioranza albanese respinta strenuamente come illegale e nulla dalla Serbia.A Mitrovica nord, roccaforte serba della regione c'è stata proprio oggi una manifestazione di protesta."
il messaggero, 1 aprile

che scherzo di pessimo gusto, non ho parole. il kosovo faccia molta attenzione altrimenti sarà ancora più doloroso il risveglio nella consapevolezza di essere stati immolati come antipasto della prossima guerra. c'è veramente poco da ridere. leggi qua:

"MOSCA, 2 APR - Un primo aereo russo con aiuti umanitari per l'enclave serba di Mitrovica in Kosovo e' partito stamani da Mosca verso Belgrado. Il velivolo, un Il-76, consegnera' 40 tonnellate di generi alimentari, compresi alimenti per bimbi. Lo ha reso noto l'agenzia Interfax, citando un portavoce del ministero per le situazioni di emergenza. L'aereo ha in programma altre missioni analoghe. Nei giorni scorsi il presidente russo Vladimir Putin aveva chiesto al governo di affrontare il problema degli aiuti umanitari alla popolazione serba che vive in Kosovo, senza pero' politicizzare la vicenda.(ANSA). SAV
02/04/2008 08:29"ansa_balcani

certo, sarà sicuramente normalissimo cibo per i bambini di mitrovica. il buon putin mica avrà inviato anche armi e consiglieri militari

[...] "Ad accogliere gli inviati russi in aeroporto il ministro serbo per il Kosovo Slobodan Samardzic. La Russia prevede l'invio di altri aiuti, per un totale di 140 tonnellate che saranno consegnati sempre via aerea nei prossimi giorni, e gestiti esclusivamente dalle autorità serbe in Kosovo." [...] Avionews, 2 aprile

[...] "This is the first of four flights of aid scheduled over the next 10 days. Russia announced the aid worth 1.7 million U.S. dollars to Kosovo Serbs following the U.S. decision to send arms to Kosovo last month." [...] english.people, 2 aprile


[...] "Russian officials said the aid would continue coming until April 10. Its value is estimated at US$ 1.7 million.

Russia bypassed the Kosovo authorities in sending aid to Serbs living in Kosovo, prompting Pristina to say that the aid would not be allowed to enter Kosovo without supervision from Pristina." [...] NewsNow, 3 aprile

mercoledì 2 aprile 2008

what's the problem?


giuseppe pizza è un ossessionato democristiano e da quindici anni si impegna con vigore nel garantire la presenza dello scudo crociato nelle competizioni elettorali. nel 1994 fonda il movimento "rinasciata della democrazia cristiana" che rivendicava il diritto politico di utilizzare il nome democrazia cristiana. una causa nobile e sicuramente molto utile in tempi di splendore, fiducia e benessere quali sono questi. ed alla fine, il vecchio pizza è riuscito a presentare il partito della democrazia cristiana in varie elezioni amministrative tra il 1998 ed il 2003. nel 2004 ha perfino esportato il progetto presentandolo alle europee del 2004 con il nome di "paese nuovo" (il colmo). fortunatamente solo qualche cugino ed alcuni condomini del suo palazzo hanno deciso di sprecare la loro domenica dando un voto a "paese nuovo" ed il risultato,su base nazionale (!) è stato un misero 0,2%. e visto che vi era un'importante fetta di potere da dividere, "paese nuovo" si spacca (!!!) e dalla sua immensa metà ne viene fuori il "partito della democrazia cristiana" guidato da angelo sandri, il quale rivendica per se il nome ed il simbolo della dc. nel 2006 pizza si presenta con l'unione di romano prodi, una coalizione che, come ormai è riconosciuto da tutti, brillava proprio per la sua forte identità e per la coerenza della composizione organica. nel novembre 2006 pizza vince la sua battaglia più importante: la magistratura gli riconosce la legittimità di continuatore ufficiale della dc. fico, no? eletto all'unanimità segratario della dc nel xx congresso (cioè, ci crede sul serio..) per le prossime elezioni si presenterà con il popolo della libertà perchè deluso della coalizione di csx. insomma un eroe, un leader. grazie a pizza possiamo di nuovo dormire nella sicurezza, sapendo che la dc vigila sui nostri sonni alleandosi sempre con il più forte.
ma c'è un problema: il consiglio di stato ha dato il via libera alla presentazione del simbolo dello scudo crociato solo in data odierna. a questo punto il pizza ed il suo fondamentale movimento politico potrebbe rivendicare i 15 giorni di campagna elettorale persi!!!! scherziamo!!immaginate quante cose importanti ha da dire al paese il segretario della democrazia cristiana. mica l'ultimo degli stronzi. che scherzi? ed allora perchè non rinviare la data elettorale? si, geniale. lo stesso ministro amato (interni) non ha escluso la possibilità. ed anche se berlusconi, candidato presidente della lista in spicca la dc, ha fatto appello al senso di responsabilità della dc auspicando ad una rinuncia ai 15 giorni di campagna elettorale persi.
e lui, il pizza, che non è un coglione, risponde così:

PIZZA: 'CHIEDIAMO SEQUESTRO SIMBOLO UDC'
"L'esclusione dalla competizione politica nazionale non è dovuta ad una nostra responsabilità, ci siamo battuti fino in fondo contro un provvedimento iniquo e sbagliato, l'ordinanza del Consiglio di Stato ci ha dato ragione ed ora abbiamo diritto di svolgere la campagna elettorale come tutti gli altri partiti". Lo ha dichiarato il segretario nazionale della Democrazia Cristiana, Giuseppe Pizza, ai microfoni di Infoparl.it, che ha diffuso il testo dell'intervista. "Già ci è capitata la stessa vicenda per le elezioni amministrative dello scorso anno - continua Pizza - e tre Tribunali amministrativi regionali e il Consiglio di Stato ci avevano dato ragione, stavolta abbiamo ottenuto una conferma più difficile, perché il ministero dell'Interno ha preso una decisione politica e non amministrativa". "Ci siamo attivati per far sequestrare il simbolo Udc, che viene ancora usato illegittimamente nonostante la sentenza che autorizza solo la nostra formazione politica ad utilizzare lo scudo crociato", conclude.
ANSA.it

il simbolo della dc, questa si che è una questione di fondamentale importanza.mica il caro prezzi o i tumori o la decadenza morale della società o la guerra alle porte. prima di tutto tuteliamo il diritto della dc a presentare il suo merdoso simbolo ed a svolgere la campagna elettorale come tutti gli altri. poi, magari, penseremo a risolvere i problemi reali