cn nn poca fatica torno a casa prima che tramonti il sole, unica sorgente di luce in questa zona di berlino. apro un cassetto e tiro fuori una candela; un attimo e fuori è già buio, la luna scomparsa dietro le polveri giovani delle ultime bombe. mi stendo sul divano dopo aver preso un libro dal tavolo. "quotidie morimur: quotidie enim demitur aliqua pars vitae, et tunq quoque, cum crescimus, vita decrescit..." ... "diem cum morte dividimus". quando duemila anni fa seneca scriveva queste parole il tempo era simile all'attuale e la contrapposizione dittatore-democrazia corrispondeva a quella princeps-senato. lo stesso princes, come il dittatore di oggi, nascondeva il suo carattere autoritario e dispotico dietro la maschera della legalità repubblicana. "quemadmodum clepsydram nn extremum stillicidum exhaurit, sed quicquid ante defluxit", cosi la morte nn arriva nel momento dell'ultimo respiro ma ogni respiro è un lento avvicinarsi ad essa. come lucilio anche io ho voluto imparare a nn temere la morte nei primi giorni della guerra. per riuscire a sopravvivere. ma ora che sono passati gli anni e nn si contano i giorni, la morte la inizio a desiderare e invidio quelli che hanno lasciato questa lattrina schifosa. nn vi è nessuno in europa più libero dei morti. per trenta anni l'uomo ha sopportato. oggi morte significa libertà. da est i carri russi arrivano più veloci degli altri alleati. a berlino verrà divisa la torta. berlino è il centro della torta, quel punto su cui passerà la lama per sprtirne le fette.
e la notte scaccia il giorno che a sua volta scaccia la notte. tuuto si ripete in un noioso quanto inutile ciclo. ed in questa noia cosmica c'è ancora chi ha paura della morte?
domani mattina dovrò uscire di casa stando attento ai frammenti di intonaco che precipitano dai palazzi per recarmi nella piazza del pane. dopo un'ora di fila dovrò correre stringendomi ai due miseri panini schivando le piogge roventi che vengono dagli aerei inglesi a da quelli russi. e vedrò i visi sporchi dei bambibi scomparire dietro nubi che si sollevano all'improvviso sotto un ponte, ai piedi di una casa. orrore. ed il pianto delle loro madri che si mescola al suono disperato della sirena della contraerea. ed ancora più orribile è la certezza che quando farò rientro a casa sarò felice del fatto che quelli nn erano i miei bambini, quelle nn erano le mie mogli e quella che crollava nn era la mia casa. mi sedrò al tavolo e cinicamente divorerò il mio pane.
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